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Dopo Warhol - A Mecacci - Una Lettura

  • Immagine del redattore: Marcello Moscatelli
    Marcello Moscatelli
  • 23 lug 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Tesi dell'Autore è che con Warhol l'arte subisce una svolta decisiva.


Oggetto di rappresentazione artistica diventano i prodotti della società dei consumi

e le sue icone.


Rappresentazione della Merce e rappresentazione dello Spettacolo nell'età del consumismo e del situazionismo realizzato.


L'immane raccolta di merci di cui parla Marx è diventata il nuovo ambiente sociale

e lo spettacolo ha smesso di rappresentare la realtà

per diventare lui stesso la vera realtà.


E questo è Pop

realtà quotidiana comprensibile da tutti.


Che con Warhol diviene arte

senza alcun contenuto critico

né culturale né politico.


E l'estetica di Warhol a sua volta diventa il nuovo ambiente culturale

dell'arte e della società, innescando un processo che seguiremo nei suoi esiti.


Se un'appunto si può muovere a questa ricostruzione che mi pare condivisibile

è la scelta di chiamare industriale questa nuova arte.

Scelta che ritengo imprecisa

giacché non è arte della produzione ma del consumo

non dell'operaio ma del consumatore

non dei pezzi di ferro ma delle icone immateriali dello Spettacolo.


Col postmoderno il gusto diventa cattivo gusto, il sentimento sentimentalismo.

La cultura "bassa" diventa ormai cultura a tutti gli effetti.

Warhol. Pop.


Accade inoltre col Postmoderno che il centro della cultura diviene la narrazione,

e questo consente di includere il falso nella cultura, giacché la finzione narrativa

è diventata la nuova realtà e non c'è nessuna solidarietà tra rappresentazione e ontologia autentica. La rappresentazione è l'ontologia autentica o è ormai da essa indistinguibile.


E dopo il Postmoderno, come sua conseguenza e intensificazione, c'è l'estetica diffusa.

Mondo di immagini continuamente prodotte e continuamente fruite, dove l'unico criterio è il gusto, dove tutto è arte e niente lo è, dove la merce diventa vieppiù feticcio, dove tuttavia diventa pertinente l'alternativa Bejaminiana della politicizzazione dell'estetico. Una possibilità critica.


Ed eccoci dunque all'oggi. Un oggi che l'autore definisce con l'espressione di Warhol Arte Illimitata. E' quella situazione nella quale l'arte è diffusa e prolifica ovunque e al tempo stesso perde l'esclusiva come luogo dell'estetico. E ciò ha a che fare col fatto che gli oggetti estetici sono sempre più prodotti dall'industria, e dunque ha a che fare con la tecnica e col dominio pervasivo della tecnica. E ci colloca tra la vittoria e la morte dell'arte.

Contemporaneamente.


Questo il percorso del testo, un percorso estremamente interessante, che soffre forse di un eccessivo specialismo nell'approccio alle questioni.


Un libro sul Pop dunque ma non un libro Pop.


Ma se avete gli strumenti culturali adeguati leggetelo.

 
 
 

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