I Simboli di Porfirio - Teologia - Considerazioni
- Marcello Moscatelli
- 3 ago 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Porfirio sostiene che l'uomo non è in grado di comprendere l'infinito che è Dio nella sua totalità.
E allora scompone gli attributi di Dio in una serie di figure antropomorfe.
Una figura un attributo.
Così vi è una figura per la Potenza, una per l'Amore, una per la Totalità eccetera.
Solo attraverso queste figure è possibile le comprensione di Dio.
E difende il senso profondo delle immagini, siano esse statue di legno, dipinti, metafore eccetera.
Si arriva a Dio solo attraverso ciò che vi allude.
Per simboli.
Ma il simbolo oscilla tra Mimesi e Autonomia.
Da un lato può tendere a somigliare all'oggetto significato, dall'altro può tendere all'autonomia.
L'autonomia del Simbolo dall'oggetto significato paradossalmente lo rende capace di significare tutti gli enti.
C'è, è vero, in Porfirio una figura specifica che significa la totalità, ma se noi assumiamo il Simbolo come autonomo allora tutti i simboli significano sia un attributo particolare di Dio sia la totalità.
Questa versatilità del Simbolo lo rende una figura universale del pensiero.
Attraverso il Simbolo, e solo attraverso il Simbolo, è possibile il pensiero.
Il pensiero su Dio ma il pensiero in generale.
L'uomo dunque pensa per Simboli, pensa cioè per similitudine ma non per identità.
Ogni nostro pensiero è un Pressappoco.
E al limite è un significante vuoto, cioè un Simbolo che ha la capacità di significare tutto e il suo contrario, un simbolo sommamente indefinito che proprio per questo è apertura infinita.
Se assumiamo radicalizzando il significante vuoto come ciò a cui tutti i simboli tendono, il Simbolo per eccellenza otteniamo una sorta di Teologia negativa e di teoretica negativa, in cui la conoscenza di Dio e la conoscenza in generale è necessaria e impossibile al tempo stesso.
In questa oscillazione tra Mimesi e Apeiron stanno la maggior parte dei Simboli, forme intermedie necessarie ad articolare un pensiero che oscilla tra esattezza ermeneutica tendenziale e ermeneutica dell'indeterminato.
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