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  • Marcello Moscatelli

DadaCulture - Appunti

La cultura Dadaista teorizza la coincidenza di vita e arte. Dunque assume come oggetto di rappresentazione artistica anche oggetti di uso comune, espandendo la sfera dell'estetico.


Da qui fondamentalmente, oltre che da elementi della altre avanguardie storiche e dalla rivoluzione dell'astrazione nasce tutta l'arte contemporanea.


Ma non è a mio giudizio questo l'elemento davvero sovversivo della cultura Dada.


Se cerchiamo i luoghi più impervi e più interessanti scopriamo che Dada teorizza una cosa molto singolare, e cioè un processo di creazione artistica che non genera mai l'opera.


Da qui nasce quella che oggi chiamiamo performance, il comportamento come fatto estetico.


E qui si realizza compiutamente l'unione di arte e vita, giacché tutti poniamo in essere dei comportamenti e dunque dei fatti estetici.


E dunque arte e vita coincidono nella prassi.


Prassi non è un termine a caso.


Viene dal greco Praxis e indica un azione che ha in sé stessa il suo scopo.


Si contrappone a Poiesis che è l'azione che ha fuori di sé il suo scopo, l'azione che produce qualcosa.


Ed ecco che il processo artistico che genera un comportamento come fatto estetico e indica come fatto estetico qualunque comportamento rinvia al superamento della tecnica.


Il luogo dell'arte e il luogo della vita è nella Praxis, l'azione autoriferita che non genera nulla, il gioco, il rapporto sociale come fine.


Ciò che inserisce il discorso Dada dentro al discorso della critica del Logos e della Techne e del produttivismo e del consumismo e allude ad una sorta di luddismo culturale.


E della critica marxiana della ricchezza come merce, radicalizzata nella critica della ricchezza come prodotto (Che qui in altra sede abbiamo già visto) e del comunismo come società che non genera innanzitutto oggetti ma innanzitutto rapporti sociali liberi.


Spunti di riflessione, che spesso si intrecciano in questo blog, e che sintetizziamo con una vecchia canzone che dice che la rivoluzione sta "Nella morte della scuola, nel rifiuto del lavoro, nella fabbrica deserta, nella casa senza porta..."

(G Manfredi)

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