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  • Marcello Moscatelli

Il Perturbante - Note su Freud

Nel saggio sul perturbante Freud si interroga su come e perché accada questo sentimento di angoscia.


E lo caratterizza come l'emergere di una particolare forma di angoscia in seguito a qualche evento pratico o cognitivo, che ci ricorda qualcosa che ci era noto ma era stato rimosso.


Attraversando diversi territori della cultura e della sua esperienza clinica Freud ci da' in questo breve saggio una casistica interessante di cose che provocano tale turbamento.


Qui ci concentreremo su una sola per mettere a fuoco un'idea.


Afferma Freud che tra le cose note che sono state rimosse e il cui riemergere provoca angoscia ci sono gli stati psichici dei primitivi, basati su credenze animistiche, magiche, insomma irrazionali.


Ogni volta che un evento o una lettura presentano analogie con queste credenze superate si riattiva la paura che esse siano qualcosa di reale, da qui si genera il sentimento di angoscia, cose note alla psiche umana da moltissimo tempo ma rimosse dal primato della ragione riemergono coll'apparenza di potenze reali, mandando in frantumi ogni nostro punto di riferimento cosciente.


E qui dobbiamo analizzare Freud.


Freud è un uomo della scienza e della ragione, egli è davvero convinto che la realtà sia in sé razionale e su questa idea fonda la psicanalisi e tutto il suo pensiero in generale. E tutto ciò che sfugge alla ragione è per lui credenza, illusione, o follia.


Ebbene il perturbante osservato da questa angolazione non ha a che fare con l'irrealtà dell'irrazionale, ma con l'irrealtà del razionale.


Noi non crediamo, noi sappiamo che la ragione è uno strato sottile illusorio che nasconde l'imponderabilità dell'essere, che ci spaventa.


Noi sappiamo che l'essere non è razionale, e questo ci spaventa, e per superare la paura inventiamo la ragione, che ci rassicura col suo essere ordinata, comprensibile, prevedibile.


E questa ragione è appunto la vera illusione che allontana il pathos dell'empatia immediata con l'essere, che genera sofferenza. (Qui Vd Nietzsche, nascita della tragedia)


Questa è la vera conoscenza universalmente rimossa.


L'essere è irrazionalità e pathos, e sfugge al nostro controllo.


Ebbene sotto questo punto di vista il perturbante si attiva quando qualcosa ci mette di fronte alla realtà dell'irrazionale e all'irrealtà della ragione.


Che è esattamente la verità che conosciamo ma nascondiamo a noi stessi.


La realtà che lo stesso Freud conosce e nasconde a sé stesso.


Giacché intende la psicanalisi come una scienza quasi esatta che deve riportare alla ragione persone che se ne sono allontanate (Ove è l'Es ivi sarà l'Io ebbe a dire).


E si badi bene che riportare qualcuno alla ragione non è uguale a curare e guarire le sue sofferenze.


Quest'ultimo approccio non richiede scienza ma intuito ed empatia (Una strada più vicina a quella di Jung, diciamo, una strada alla ricerca del senso)


In questo senso, in sintesi, nel perturbante non sta il provvisorio ritorno di illusioni ormai superate. Sta l'eterna verità che appare inopportunamente a turbare le nostre esistenze ordinate.


L'essere è irrazionale, caotico, fuori dal nostro controllo, fonte di sofferenza.

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