Kandinsky com'è noto, sostiene l'autonomia semantica del colore.
Un colore genera un certo effetto a prescindere da tutto il resto.
Non importa se è il colore di una mela o di un tramonto, il rosso, poniamo, in quanto tale genera un effetto di senso sul lettore del quadro.
Lo stesso dicasi delle linee e delle geometrie che compongono un quadro.
Ma allora per avere effetti di senso non è più necessaria la mimesi, cioè non è più necessario imitare la realtà, dipingere degli oggetti del mondo della nostra esperienza.
Ed ecco che si arriva all'astrazione, che è la grande rivoluzione di Kandinsky.
(Ed è anche uno dei modi attraverso i quali l'arte trova un nuovo spazio quando la fotografia riesce nella mimesi molto meglio)
Ma l'autonomia del colore dentro una composizione, sia pure astratta, è relativa.
Infatti un colore accostato ad un altro colore può rafforzare il suo effetto o indebolirlo o modificarlo. E questa interdipendenza dei colori fa sì che noi troviamo l'effetto complessivo, appunto, nella composizione. L'intreccio complesso tra i vari colori decide il loro effetto sul Lettore.
Dunque il colore è autonomo ma dentro una composizione anche non lo è.
L'unico modo per sfuggire a questa interdipendenza è il Monocromo.
Lì si cerca l'effetto Puro, per così dire, del colore sul Lettore. Senza alcuna interferenza.
Ma questo lo faranno altri, in particolare Malevich e Klein
Ed è un ulteriore sviluppo
che nasce da Kandinsky e lo radicalizza.
Perché l'arte non è una successione casuale insensata di forme, tecniche, idee.
Ma ogni grande artista si pone un problema che nasce da una storia e cerca una soluzione che genera altri problemi che altri risolveranno, generando altri problemi e così via.
L'arte è un discorso.
Commenti