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Marcello Moscatelli

E' così che si fa - Gianrico Carofiglio - Libri

Alle medie veniva in classe con me un tizio di nome Cannata


A tredici anni giocava a pallanuoto, pesava già sessanta chili, ed era cattivo


Picchiava come un adulto - pugni, calci, testate - senza i freni inibitori che i ragazzini hanno ancora a quell'età


Nessuno in tutta la scuola, aveva voglia di litigare con lui


Un giorno - eravamo in palestra - e aspettavamo il professore di educazione fisica - decise di prendersela con uno che era arrivato in classe nostra solo quell'anno


Si chiamava Gabriele, aveva la faccia rotonda, un po alla Charlie Brown, portava gli occhiali, andava molto bene in matematica e se ne stava sempre per i fatti suoi


Cannata lo prese alle spalle, lo buttò faccia a terra e lo immobilizzò


- Adesso ti inculo, ricchioncello - disse montandogli addosso e mimando un rapporto sessuale, con tanto di respiro affannoso e grugniti


Era una scena molto spiacevole


- Dai Cannata, smettila - dissi tirandolo per una spalla


Lui non gradì l'interruzione


- Abbiamo un altro ricchioncello qui - disse


Si alzò, mi afferrò per un orecchio e me lo torse facendomi un male pazzesco


In quel momento entrò il professore


- Ci vediamo dopo, faccia di merda sussurrò, subito prima di allontanarsi


Alla fine dell'ora di educazione fisica, mentre risalivamo in classe, Gabriele mi si avvicinò,


- Grazie - disse - ma adesso ti sei messo in un casino


Poi, in tono serio aggiunse - andiamo in biblioteca ci serve un'arma


Un'arma in biblioteca, pensai che fosse pazzo e - come avrei fatto mille volte negli anni a venire - mi chiesi per quale motivo non mi fossi fatto gli affari miei


In biblioteca Gabriele, muovendosi con la disinvoltura di chi conosce i luoghi alla perfezione, si diresse verso la pila dei vecchi quotidiani e ne prese uno senza che il bidello semiaddormentato facesse caso a lui


Dopodichè ci traferimmo nella sala di lettura, deserta come quasi sempre


Gabriele distese il giornale sul tavolo e lo arrotolò con precisione meticolosa fino a trasformarlo in un tubo che, con altrettanta cura, piegò in due


Quando me lo porse, invitandomi a provarne la consistenza, mi resi conto che era diventato un bastone, duro come il legno e flessibile come uno sfollagente


Un'arma, appunto


- Lo stronzo ti aspetterà fuori, subito dopo la scalinata


si piazza sempre lì, l'ho osservato altre volte che ha picchiato qualcuno


a me non farà caso


lascia che ti afferri, poi ci penso io


Aveva un'espressione adulta e tranquilla, quella di un professionista che si appresta a eseguire un lavoro per cui è perfettamente addestrato


Io morivo di paura


Come previsto da Gabriele, alla fine delle lezioni Cannata mi aspettò sotto la scalinata e venne verso di me con un sorriso da caimano


Mi aveva appena preso per il giubbotto, e forse stava dicendo qualcosa prima di cominciare a darmele, quando Gabriele, con un movimento a frusta di una velocità imprevedibile, lo centrò in faccia con il giornale-bastone


Cannata mi lasciò, ma prima che potesse accennare una qualsiasi difesa Gabriele lo colpì di nuovo, due tre volte, in modo secco, come se si fosse allenato a lungo proprio per quell'azione e quell'occasione


Cannata cominciò a perdere sangue dal naso e cadde in ginocchio, appoggiandosi al muro per non stramazzare a terra


Gabriele lo colpì ancora un paio di volte sulla testa


Con meno forza, adesso


Per chiudere la faccenda


- Se fai ancora lo stronzo ti uccido


Non sembrò una frase detta così per dire


Gianrico Carofiglio

Passeggeri notturni








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