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Jung e Buddha

  • Marcello Moscatelli
  • 25 mag 2020
  • Tempo di lettura: 1 min

Teniamo fermo il concetto di inconscio collettivo

e leggiamolo in una maniera particolare.


Abbiamo un inconscio individuale

e questo fa riferimento all'Io,

ma abbiamo un inconscio collettivo.


Ebbene quest'ultimo può essere identificato

con quello che Freud chiamava "Sentimento Oceanico"

la percezione empatica della Totalità dell'Essere.


Ebbene così inteso l'inconscio collettivo è l'inconscio dell'Essere

della Totalità alla quale noi stessi apparteniamo.


Quello che il buddismo chiama il Sé o Buddità.


Accedere a questo inconscio, a questo Sentimento Oceanico

costituisce l'Illuminazione.


E qui la psicologia Junghiana e la filosofia Buddista si incrociano.


Per entrambi si tratta di attraversare i territori dell'Io

e raggiungere l'Inconscio collettivo, il Sé.


Lì c'è la nostra natura più profonda

che non è razionale ma è Mistica.


E approdare a questa natura

è lo scopo del Buddismo

e lo scopo della terapia psicanalitica.


Nell'Impersonale che noi stessi siamo

sta la nostra autentica natura

perfino quella individuale.


Solo se capiamo che siamo gocce nel mare

possiamo capire quale goccia siamo

quali sono le nostre peculiarità

quale è la nostra vocazione.


E come già esposto

capire la nostra vocazione e realizzarla

è lo scopo della terapia junghiana.


Ma per farlo dobbiamo superare l'Io

e approdare al sé.


Solo nell'Impersonale sta la nostra singolarità.


E questa è una libera interpretazione

ma ritengo non illegittima.


Ancora una volta è per cose di questo tipo che Freud definisce Jung un Guru

ma ancora una volta Jung è sulla strada giusta.

 
 
 

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