La regola dell'equilibrio. G. Carofiglio
- Marcello Moscatelli
- 26 mar 2020
- Tempo di lettura: 1 min
Che fa un avvocato se il cliente è colpevole?
Lo difende lo stesso, ovviamente.
Dovesse difendere soltanto gli innocenti morirebbe di fame.
Ma se il cliente è un magistrato accusato di corruzione?
Beh allora per il nostro avvocato la cosa è diversa.
Perché coinvolge i meccanismi della giustizia
li fa funzionare male.
E lui crede nella giustizia
o si è costruito un personaggio che ci crede
e dunque crede di crederci.
Fatto sta che non solo rinuncia a difenderlo
ma avvia una serie di comportamenti
che anche contro la sua volontà
finiranno per incastrare il suo cliente
che finché sembrava innocente
aveva difeso alla perfezione.
Ma non c'è solo questo
c'è che il giudice ha le sue ragioni
e sono ragioni strumentali
ragioni autoconsolatorie
fondate su menzogne che il giudice racconta a sé stesso
fino a crederci.
E che ciononostante non sono prive di senso.
Perché il rispetto della legge non sempre è giusto
non sempre è possibile
non sempre è la scelta migliore
nessuno può garantirlo davvero
per tutta la vita.
E in centro della vicenda
la morale della favola
è che mentire agli altri può essere inevitabile
può anche essere giusto
ma non si deve mentire a sé stessi.
Ma io vedo un'altro centro
un'altra morale.
E la vedo in una notte insonne
passata in una bizzarra libreria
in compagnia di una sconosciuta insegnate di lettere
a discutere come vecchi amici
come possibili amanti
per una notte soltanto
in tutta la vita.
Ecco la morale che sta qui
è che la vita vera sta nelle cose marginali
nelle cose che non c'entrano niente
col corso generale della nostra esistenza
non c'entrano niente col lavoro, la famiglia, la politica.
Accadono all'improvviso per caso
difficilmente si ripetono
sono rare e non producono conseguenze
sono del tutto inutili.
Ma sono il sale della terra.
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